Laurea e 60 crediti per l’abilitazione all’insegnamento
Con l’inizio del nuovo anno, a gennaio dovrebbero finalmente partire i corsi universitari per l’acquisizione dei 60 crediti previsti in aggiunta alla laurea dal nuovo sistema di formazione iniziale e abilitazione degli insegnanti di medie e superiori (mentre per infanzia e primaria resta il titolo abilitante in scienze della formazione primaria, ndr) nell’ambito della riforma dell’accesso alla cattedra contenuta nel Pnrr.
Il restyling sarebbe dovuto arrivare entro l’inizio dell’anno accademico 2023/24. Ma tra il cambio di governo, il concerto non sempre facile tra i due ministeri competenti (Mim e Mur) e una complessità intrinseca alla riforma stessa i tempi si sono dilatati. In realtà, adesso ci siamo: il Dpcm attuativo è stato pubblicato in Gazzetta e sono arrivate anche le linee guida dell’Anvur (si veda altro articolo in pagina) che spiegano agli atenei come partecipare.
In base al nuovo sistema possono iscriversi ai corsi per i 60 Cfu i laureati magistrali e i laureandi in una magistrale o a ciclo unico (purché abbiano già ottenuto 180 crediti).
Sono previsti 20 Cfu di tirocinio diretto e indiretto (per ogni credito servono 12 ore in presenza). Ottenuti i crediti (il decreto Pa-bis ha previsto che nei primi due anni se ne possa ottenere fino alla metà online, ndr) si dovrà superare una prova finale formata da uno scritto (un’analisi critica di episodi, casi, situazioni e problematiche verificatisi durante il tirocinio) e una lezione simulata di 45 minuti su un’attività didattica innovativa. Per accedervi è necessario aver presenziato almeno al 70% di ogni attività formativa. A erogare i percorsi possono essere i Centri multidisciplinari individuati da università e istituzioni Afam, anche in forma aggregata. Sono previsti docenti coordinatori e tutor dei tirocinanti (per il tutor coordinatore si ipotizzano incarichi quadriennali, prorogabili per non più di un anno, e rinnovabili per una sola volta, con esonero o semi esonero dall’insegnamento). Si indicano anche riserve di posti per i precari che hanno insegnato tre anni negli ultimi cinque e per i prof dell’istruzione e formazione professionale.
Il Dpcm (e gli allegati) prevedono anche i casi in cui bastano 30 o 36 Cfu per abilitarsi. Nella prima ipotesi rientrano sia i precari con tre anni di supplenza che hanno superato il concorso a cattedra ma non sono abilitati e sia chi ha conseguito 30 Cfu entro il 31 dicembre 2024. In quest’ultimo caso, gli allegati al Dpcm chiariscono sia il contenuto dei 30 necessari a partecipare alla selezione sia dei restanti utili a completare il percorso abilitante e partecipare alla prova finale. L’altra fattispecie citata, anche qui fino a fine 2024, riguarda chi è in possesso dei 24 Cfu vecchio ordinamento e deve prendere i restanti 36. Chi è già abilitato su altra classe di concorso o sul sostegno può conseguire, fermo restando il possesso del titolo, un’altra abilitazione acquisendo 30 Cfu. Se per i primi 30mila precari storici il concorso è imminente (si veda Il Sole 24 Ore del 28 ottobre), per i nuovi abilitati se ne parlerà nel 2024, così da arrivare ai 70mila ingressi citati dal Pnrr.
I costi per arrivare a 60 Cfu sono fissati in 2.500 euro per gli studenti iscritti, per chi ha già i precedenti 24 Cfu si scende a 2mila euro.
Per garantire la qualità dei percorsi serve l’accreditamento dell’Anvur, che li valuterà anche ex post (conterà il “tasso di successo” dei nuovi abilitati alle procedure di reclutamento a scuola).